Gli ebrei s’insediarono nel Regno di Polonia nel XII sec, a causa delle persecuzioni del Sacro Romano Impero.Dal XIII secolo sino al 1795 il Paese si caratterizza per essere multietnico e multinazionale. Comprende minoranze di ucraini, bielorussi, russi, lituani, tedeschi ed ebrei, ed ha, inoltre, la fama di essere lo Stato più tollerante d’Europa nei confronti degli ebrei già altrove perseguitati (Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Ungheria, Austria).
Ma proprio negli anni tra le due guerre mondiali si formano in Polonia, come in tutta l’Europa centro-orientale, governi nazionalisti, agrario-conservatori, imbevuti di clericalismo e antisemitismo.Nel 1935 nasce la Falange nazional-radicale (ONR), un gruppo politico nazionalista centrato sull’integralismo cattolico, critico nei confronti del capitalismo “giudaico-massonico”, colpevole di aver gettato milioni d’individui nel baratro e, quindi, ferocemente antisemita. La giudeofobia – alla base del moderno antisemitismo politico – si diffonde nel Paese prima ancora dell’inizio della Seconda guerra mondiale. Numerosi settori del lavoro (impieghi statali e municipali) sono preclusi agli ebrei, che sono soprattutto occupati nel commercio, banche, assicurazioni e professioni private. Dal canto suo, la Chiesa cattolica locale, che è stata nei secoli l’unico baluardo di difesa dell’identità nazionale (soprattutto nei periodi in cui la Polonia fu cancellata dalla carta geografica) contribuisce al processo di discriminazione ebrea, attraverso l’opera del cardinale August Hlond, che incoraggia il boicottaggio sistematico delle attività commerciali degli ebrei, e pubblica una Pastorale, in cui si afferma che i giudei sono l’avanguardia dell’ateismo e del comunismo.Tra il 1936-1937, la discriminazione si trasforma in persecuzione: si moltiplicano pogrom, saccheggi, omicidi. La linea di governo si fa più aggressiva, arrivando ad auspicare l’emigrazione forzata degli ebrei – una strategia formulata dal colonnello Józef Beck.Nel corso della Seconda guerra mondiale, la Germania nazista annienta quasi tutti gli ebrei che vivono in Polonia. Il 90% di loro perde la vita nei campi di sterminio nazisti. Dei 350 mila sopravvissuti, gran parte emigrano al termine del conflitto. La “questione ebraica” è temporaneamente archiviata, sino a riaprirsi, in anni recenti, con la pubblicazione, nel maggio 2000, del libro Neighbors di Jan Gross, in cui l’autore sostiene che il massacro della comunità ebraica di Jedwabne fu per mano dei polacchi. Il libro sfata il mito di una Polonia sempre ospitale e tollerante verso le proprie minoranze, e riesamina il passato polacco attraverso l’intersezione di due storie: quella eroica e vera della resistenza polacca e l’altrettanto vera storia dei polacchi che si misero al fianco degli invasori tedeschi, collaborando al massacro degli ebrei.