COME E QUANDO I CELTI DIVENNERO IL TERRORE DI ROMA: STORIA DELLA BATTAGLIA DEL FIUME ALLIA, 18 LUGLIO 390 O 388 A.C.
I Celti popolavano la penisola Italica da secoli, fin dal passaggio tra l’età del bronzo all’età del ferro. Nell”antica Insubria, dove la cultura Ligure incontrava quella Halstattiana, fioriva dal IX secolo a.C. la ricca società di Golasecca, mentre i rapporti commerciali con l’oltralpe erano comuni in tutto il Nord Italia. Lo stesso Tito Livio parla di un antico “Insubrio” tra i laghi prealpini, mentre l’archeologia ci ha rivelato una cultura florida che già nel VII secolo a.C. scriveva (alfabeto Leponzio) e faceva da tramite tra i traffici transalpini e il mondo mediterraneo.
I conflitti non mancavano, soprattutto contro gli etruschi, a quel tempo grande potenza italica, ma questo antico equilibrio si ruppe solo con la grande migrazione del V secolo a.C..: migliaia di famiglie provenienti dalla Gallia, in cerca di terre fertili dove stabilirsi e forse chiamate dai loro cugini prealpini, marciarono oltre le direttive montane fino a raggiungere la pianura Padana, saldamente sotto il controllo degli etruschi. Cenomani, Lingoni, Boi, Senoni, Insubri (questi in gran parte già presenti in Italia) furono nomi di popoli che avrebbero lasciato un marchio indelebile nella storia della penisola, fondatori di città d’oltre po come Brescia e Milano.
Tra Etruschi e Galli accadde un vero proprio scontro di civiltà e usi militari diversi: da una parte le formazioni oplitiche etrusche, dall’altro muri di scudi e spade. Come poi sarebbe accaduto ancora in futuro (https://www.facebook.com/…/a.276809062824…/472207259951577/…) le consuetudini mediterranee non poterono nulla contro la furia e i numeri delle armate galliche, che in pochi anni soppiantarono gli Etruschi nel controllo della pianura Padana. In molti casi fu però una penetrazione mediata, anzi pacifica, dove la classe dirigente cittadina (le città sotto il po rimanevano di solito in mano agli Etruschi) si mescolava a quella Gallica tramite matrimoni e alleanze.
A meridione del Po nacque così la potente confederazione di Boi, che dominava l’attuale Bologna e buona parte della regione dopo aver scacciato le ultime resistenze degli Umbri, mentre a est i Galli Senoni fondavano Sena Galla, divenuta poi l’attuale Seni Gallia.
Studi moderni hanno dimostrato come in realtà i galli non furono dominatori spietati, ma assorbirono nei propri usi la popolazione originaria delle aree conquistate.
Eppure la cultura guerriera gallica era difficile da quietare: nel 400 a.c. i conflitti con gli etruschi per il controllo dei fiumi (le strade dell’epoca per i commerci con il nord) continuavano senza sosta, fino a che il generale dei Senoni Brenno, un titolo onorario gallico, radunò una grande armata per stabilire la sua supremazia nell’Italia centrale. Gli obiettivi strategici erano la conquista delle città di confine, mentre le mete più a sud sarebbero state solamente saccheggiate, consuetudine comune al popolo gallico come a tante altre culture indoeuropee.
La città etrusca di Chiusi venne così cinta d’assedio. Gli abitanti dell’insediamento, in difficoltà, chiesero aiuto a un’altra città stato, a quell’epoca in piena crescita ma non così potente da distinguersi da tante altre rocche etrusche o italiche: Roma.
Da essa non arrivò alcun aiuto militare, tuttavia Marco Fabio Ambusto, importante personalità nella Roma arcaica, inviò i suoi tre figli come ambasciatori, al fine di trattare con i Galli.
Essi si comportarono in maniera arrogante con i Senoni di Brenno e anzi presero parte alla battaglia, uccidendo in uno scontro un guerriero molto famoso tra i celti. Questi, furiosi, domandarono una punizione adeguata per questi spergiuri, ma la risposta romana fu piuttosto fredda e come smacco finale l’anno successivo i tre Fabi vennero eletti tribuni consolari. Indignato, Brenno lasciò l’assedio di Chiusi per dirigersi verso quella cittadina sdegnosa, animato anche da una facile promessa di bottino. Roma allestì un esercito e marciò baldanzosa contro i guerrieri del nord, certa di annientare quelle orde di barbari.
Le due armate cozzarono sul Fiume Allia, a soli undici miglia dalla città stato. A una prima impressione i galli parevano un’orda scalmanata di selvaggi e i romani, forti di circa ventimila uomini compresi gli alleati latini, si schierarono secondo la più tipica formazione dell’epoca: linee e linee di opliti ben saldi a formare un muro di scudi irto di lance. La fanteria leggera, come accensi e veliti, dovette lasciare il passo alle legioni di opliti, che sicure di vincere marciarono spedite contro i galli, all’apparenza scoordinati e goffi.
Gli scrittori romani tendono a esagerare le cifre dei galli per giustificare la mal parata romana, ma le ricostruzioni parlando di circa 15.000-25.000 uomini, un numero di guerrieri più o meno pari se non inferiore a quello romano. Tutti gli scrittori romani rimangono però concordi su un punto: Roma quel giorno venne umiliata.
I guerrieri galli, infatti, all’avvicinarsi dei romani serrarono le file e come una valanga si scagliarono contro gli opliti. L’urto fu terribile e in molti tra i latini caddero pressati addosso agli scudi dei compagni dietro, mentre le loro lance non reclamavano lo scotto sperato tra i galli. I guerrieri dalle lunghe lame di ferro risultavano quasi invincibili in quel confuso corpo a corpo e le loro letali armi penetravano facilmente tra i vuoti delle armature di bronzo degli opliti romani. Quando poi i ranghi iniziarono a sfaldarsi, guerrieri ululanti vi si infilavano dentro, agitando le spade come forsennati e costringendo i terrorizzati miliziani romani a retrocedere. Una volta che l’oplita si trovava isolato era la fine: uno spadaccino celta, che combattesse nudo o in armatura, aveva presto ragione del goffo guerriero mediterraneo, incapace di difendersi senza la collaborazione dei compagni.
Molti soldati romani erano inesperti e in poco tempo si diedero alla fuga senza nemmeno incrociare la spada con il nemico. Il suono di centinaia di carnyx, insieme alle cariche urlanti dei cavalieri, fu un colpo mortale per il morale romano. Mentre le prime linee venivano trucidate, l’esercito della Lupa fuggiva in disordine verso le mura cittadine, incalzati dalle lame dei Senoni.
Non conosciamo l’entità delle perdite subite dai romani, ma è chiaro, anche alla luce del successivo sacco della città, che dopo Allia il sistema militare romano collassò. La grande Roma si sarebbe presto ripresa: nel futuro, grazie allo sviluppo della maestosa macchina militare che tutti conosciamo, la legione avrebbe trionfato sulle armate dei Galli. Tuttavia, nonostante pure ogni tentativo di rivisitazione da parte degli stessi romani, la guerra di Allia rappresentò un trionfo degli uomini del Nord, un’onta indelebile per la storia della città eterna e un eterno grido di gloria per i guerrieri del Cinghiale.
Fonti storiche: Plutarco, Polibio e Tito Livio.
Fonti autoriali: Stephen Allen, Timothy Newark, Mark Harrison, Venceslav Kruta, Franco Rolf.