E’ volontà precisa, e nessuno può, credo, dubitarne onestamente, che ogni confessione, e soprattutto questa confessione cattolica così considerevole e grande per il suo numero, possa muoversi in piena libertà dentro i limiti dello Stato. Ma che essa, al di là della propria sfera, eserciti un potere, non lo possiamo veramente consentire, e la lotta, a mio avviso, è impegnata meno sul terreno della difesa che non su quello della conquista a profitto di tendenze gerarchiche La soluzione non starà in meschine misure, in puntigli, ed io deploro che a mo’ d’esempio la faccenda di Brandesburg (era stato rimosso da vescovo di Ermeland un professore ecclesiastico del liceo di Brandesburg, perche protestava contro il dogma dell’infallibilità) abbia trascinato a conflitti giudiziari, sia per la causa della difficoltà, che ostacola ogni cambiamento della legislazione statale fin nelle più piccole conseguenze, sia per la violenza con la quale dalla parte opposta si è entrati nelle vie aggressive. Le leggi dello Stato interdicono di conferire ad un vescovo della Chiesa cattolica il diritto di revocare un funzionario pubblico; qui è diventata legalmente inevitabile una collisione tra il diritto ecclesiastico, qual è stato oggi modellato, e la legislazione dello Stato attualmente in vigore; una collisione che sarà a mio modo di vedere compito di un’ulteriore legislazione di dirimere, e di farlo in una maniera soddisfacente, e credo che un tal compito il nuovo ministro dei culti assumerà sopra di sè prima e con maggior premura d’ogni altro. Dall’intavolare discussioni dogmatiche sopra variazioni o dichiarazioni che entro la sfera dei dogmi della Chiesa cattolica possano essersi prodotte, il Governo si tiene lontanissimo e così deve essere per suo conto; qualsiasi dogma, anche se noi non vi prestiamo fede, per il fatto che tanti e tanti milioni di persone lo professano, deve essere per i loro concittadini e per lo Stato in ogni caso una cosa sacra. Ma non possiamo concedere all’autorità ecclesiastiche il diritto permanente, cui esse pretenderebbero, di esercitare una parte del potere pubblico, e in tanto esse posseggono questo diritto, siamo costretti, nell’interesse della pace, a limitarlo, per poter aver posto gli uni accanto agli altri, per poter così il meno che ci sia possibile essere obbligati a crucciarci con problemi teologici […].L’onorevole preopinante se è rimasto cristiano evangelico, non può certo spingersi fino al punto di rivendicare per S. Santità il Papa quei diritti in Prussia, che gli altri membri della frazione reclamano forse come conseguenza strettamente logica della loro fede; con ciò egli si collocherebbe da quel punto di vista, da cui un cattolico, l’ammetto, secondo la fede che professa, può porsi; in tal caso però egli è un membro pericoloso per la comunità politica – che cioè non può esserci in Prussia nessuna legge, che non abbia l’approvazione del Papa, dopo il Concilio vaticano (non lo numera perche era il 1°) – o almeno, che per lui nessuna autorità secolare è autorizzata ad emanare una legge che il Papa abbia espressamente condannata; il che, penso, voi, Signori del Centro (partito cattolico all’epoca in Germania), troverete meno inesatto. Ma un principio tale, non lo potete far prevalere altrove che in un paese dove la religione cattolica sia religione di Stato, e ancora, ove si trattasse di uno Stato laico, non potreste venire con ciò fino alle estreme conseguenze logiche, verso le quali vorreste spingervi, questo lo potreste fare a rigor di termini solo in uno Stato ecclesiastico, che abbia un capo spirituale. Tutta la questione si pone in questi termini: ha o non ha lo Stato il dovere di prendersi cura di quei suoi cittadini che sono nella miseria? Per mio conto affermo che questo dovere gli spetta, e non solo lo ha lo Stato cristiano – come mi sono fatto lecito di esprimermi una volta con la frase “cristianesimo pratico” – ma qualsivoglia Stato in quanto tale. Sarebbe pura follia che una corporazione, o in genere una comunità, assumesse quei compiti che possono essere assolti dall’individuo. Essendo attuale questo discorso oggi in Italia come nella Germania di fine Ottocento ci rende bene l’idea di dove siamo finiti. Ma i compiti che la comunità può adempiere con giustizia e vantaggio, questi bisogna lasciarli ad essa. Infine ci sono uffici, che lo Stato solo, nella generalità delle sue funzioni, può esercitare, e di tali uffici fa parte anche il dovere di assistere i bisognosi e quello di toglier di mezzo le cause alle legittime lamentele, che sono poi quelle che in realtà forniscono il materiale sfruttato dalla democrazia socialista. Questo è un vero ufficio di Stato, nè esso potrà sottrarvisi a lungo.
Otto von Bismarck Cancelliere dell’impero tedesco e Primo Ministro di Prussia