Giovanna degli Albizzi, maritata Tornabuoni (Firenze, 18 dicembre 1468 – Firenze, 1488), fu una donna dell’alta borghesia fiorentina del Quattrocento, si dice molto bella, effigiata in numerose opere d’arte di Domenico Ghirlandaio e Sandro Botticelli.
Giovanna era figlia di Maso degli Albizi, già rivale dei Medici, e di Caterina Soderini; il suo matrimonio con Lorenzo, rampollo di Casa Tornabuoni, imparentati molto strettamente ai Medici, segnò un riavvicinamento, seppure indiretto, tra le due famiglie.
La sua è la storia di un’unione tra due delle famiglie fiorentine più in vista, in passato divise da una feroce rivalità ma ormai confluite nella stessa fazione che garantiva supporto ai Medici.
Le nozze si svolsero il 15 giugno 1486. Il suocero di Giovanna era Giovanni Tornabuoni, zio di Lorenzo il Magnifico e tesoriere papale, da molti definito come l’uomo più potente in Firenze dopo Lorenzo stesso.
La cerimonia fu fastosa; la funzione religiosa ebbe luogo in Santa Maria del Fiore dove gli sposi giunsero accompagnati da un corteo di cento fanciulle nobili e quindici giovani in livrea.
Il testimone allo scambio degli anelli fu il conte di Tendiglia, ambasciatore del re di Spagna presso la corte pontificia; Luigi Guicciardini e Francesco Castellani accompagnarono poi Giovanna a casa del marito – il palazzo Tornabuoni di recente costruzione – dove Giovanni Tornabuoni aveva organizzato una festa danzante aperta anche al popolo fiorentino.
La cena fu, invece, consumata nella residenza di Maso degli Albizzi e i festeggiamenti proseguirono per tutto il resto della notte con balli, giochi e divertimenti alla luce di torce e doppieri; quella cerimonia nuziale fu “… celebre e lieta fuor di misura…” e accreditò, senza dubbio, i Tornabuoni tra le famiglie di maggior prestigio a Firenze. Per decenni queste nozze vennero ricordate, tale fu lo sfarzo con cui vennero celebrate.
Per le nozze Botticelli decorò ad affresco la loggia di Villa Tornabuoni con scene allegoriche, una delle quali era dedicata alla sposa: Venere e le tre Grazie offrono doni a una giovane.
Giovanna si trova in posizione preminente anche negli affreschi della cappella Tornabuoni, comparendo ben due volte, una nella Nascita della Vergine e una nella Visitazione.
In entrambi gli affreschi appare con il medesimo vestito, un sontuoso abito con damascature dorate, ma con maniche diverse: ora estive, ora invernali.
A lei inoltre Ghirlandaio dedicò alcuni ritratti: uno celebre di profilo, oggi nel Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, che «aveva un posto d’onore in una delle stanze particolari del consorte di Giovanna, Lorenzo Tornabuoni, la cui iniziale – un’elegante L stilizzata – compare nella trama di broccato d’oro dell’abito, all’altezza della spalla», e uno di tre quarti, oggi nel Tokyo Fuji Art Museum di Hachiōji; un terzo, opera di bottega, è al Clark Art Institute di Williamstown, in Massachusetts.
Tipica è la sua acconciatura coi biondi capelli raccolti sulla nuca e riccioli che incorniciano il volto.
La carnagione chiara, i capelli biondi, i tratti regolari del volto, fecero di Giovanna un vero e proprio esempio di bellezza, come già era successo con Simonetta Vespucci.
Ebbe un primo figlio, Giovannino, a soli diciannove anni, l’11 ottobre 1487.
Alla seconda gravidanza, un anno dopo, morì giovanissima di parto, venendo poi sepolta in Santa Maria Novella il 7 ottobre 1488.
Anche la sorte del marito di Giovanna, Lorenzo, fu tragica.
Venne arrestato nell’agosto 1497 con l’accusa di aver favorito una cospirazione atta a ripristinare l’egemonia di Piero il Fatuo, esiliato dal 1494, su Firenze.
Il 21 agosto venne condannato a morte col parere favorevole del gonfaloniere Francesco Valori, a sua volta linciato l’anno seguente dai Tornabuoni. La sentenza venne eseguita nel palazzo del Bargello e Lorenzo venne decapitato assieme a Niccolò Ridolfi, Giannozzo Pucci, Giovanni Cambi e Bernardi del Nero.