Ringrazio il carissimo amico Marco Ottanelli per avermi fornito la documentazione qua sotto riportata.
Nel 1441, trovandosi Papa Eugenio IV a dover restituire una grossa somma di denaro alla Repubblica Fiorentina e non potendolo fare, impegnato come era tra concili e scismi vari, decise egli di donare a Firenze il territorio di Sansepolcro.
Il nuovo confine in quelle zone venne stabilito il dover passare dal torrente Rio.
Gli emissari fiorentini e quelli pontifici però commisero un errore: ignorarono il fatto che il Rio si sdoppiasse lungo un tratto, avvolgendo tra le sue due spire una collinuzza che ospitava il paesuzzo di Cospaia.
uni intesero che il confine fosse il Rio a nord, gli altri che fosse il Rio a sud, lasciando così del tutto incautamente una striscia di territorio, larga 500 metri e lunga forse 2 km, quale “terra di nessuno”.
Immediatamente le circa 250 famiglie di Cospaia, contadine e analfabete sì, ma non stolte, colsero l’occasione e proclamarono la repubblica.
Una repubblichina piccina picciò che nel 1484 venne pure riconosciuta a livello internazionale, con una bandiera bianca e nera, ed una unica, in tutta la sua lunghissima storia, una sola ed unica legge scritta, che ancor oggi è leggibile su un architrave di pietra: “Perpetua et firma libertas“.
Per quei villici si aprì un periodo forse unico nella storia umana: tutti conoscenti, tutti vicini, forse mezzi parenti, organizzarono la repubblica nel più puro spirito della Anarchia: nessun Principe, nessun Gonfaloniere, nessun governo, solo una assemblea un po’ caotica dei capofamiglia. Nessuna legge, nessuna tassa, nessun dazio, nessun obbligo, dovere o corveè. Solo una perpetua et firma libertas.
Il primo atto corale fu l’abolizione delle tasse, delle gabelle e delle decime.
Ogni contadino coltivò dunque per sè, e vendette il prodotto del suo campo di contrabbando di qua, in Toscana, e di là, in Umbria sfruttando occasioni e situazioni. Il reddito e la qualità di vita diventarono invidiabili. E qualche decennio dopo, il solito furbo ed avido tonacone ecclesiastico, seppe sfruttare questo lembo di libertà per un colossale affare: Niccolò Tornabuoni, vescovo di Sansepolcro, per primo volle coltivare in Italia una pianta stramba e vietatissima che giungeva dalle Indie Occidentali appena scoperte: il misterioso tabacco.
Usato dagli indios per le fumigazioni mistiche, appariva affascinante e pericoloso, e quindi fu proibito da autorità civili e religiose. L’astuto vescovo si procurò alcune sementi e le dette in …appalto alla Repubblica.
Laddove ogni bravo cittadino ne mise a coltura un pezzo nel proprio terreno e, fuori da ogni legge, raccolse e mise in vendita quella che per un bel po’ fu conosciuta come “l’erba tornabuona“. Fumatori e sniffatori da Roma, Bologna, Firenze, e tutta la penisola ordinavano, più o meno sottobanco, le preziose foglie. I cospaiesi diventarono ricchi, e sicuramente anche qualche gendarme toscano e papalino, che avrà chiuso un occhio ed allargato il borsello.
Tabacco, vino, contrabbandieri, gente senza legge….l’anarchia libertaria attirò gente d’ogni razza e virtù, in quei 2 km di terra libera. Papponi e puttane, spalloni e cambiavalute, falsari e briganti: per tutti c’era un bicchiere ed una notte tranquilla.
E se la soldataglia dei vicini sicuramente di tanto in tanto una incursione la faceva, tutto tornava presto come prima, perchè quella sorta di caotico Liechtenstein faceva comodo un po’ a tutti, come oggi a tutti fa comodo l’organizzatissimo Liechtenstein.
Chissà quante risse, quante risate, quante gelosie ed amori. Chissà quali ideali, e quali filosofie, quali grette bassezze per quattro secoli (tanto durò Cospaia) nacquero respirarono e spirarono, tra quelle case e quei campi.
Quanti accoltellamenti, e fughe, e pianti, e gioie, e abbracci e scherni avrà visto il doppio Rio.
Passarono i secoli, il tabacco diventò legale, ma il cospaia rimase tra i migliori, ed i più cari. Ma da lì, forse da lì, la crisi. Le bande, i predoni, i banditi, che Cospaia fecero base per le loro scorrerie. E forse l’anima dei tempi, che tutto consuma. Magari una pestilenza, o due. Insomma, il borgo si abbrutì, decadde. Gentaccia, gentaccia, su quel colle. “Peggio della repubblica di Cospaia!” si esclamava e rimproverava a monelli e teppistelli, ancora negli anni ’60 del secolo passato, in quel di Sansepolcro.
Nel 1826, dopo Napoleone e Vienna e la Restaurazione e il bisogno di ordine e regole fisse, per la piccola anarchica feccia di ladri e contrabbandieri fu la fine: con un accordo, un nuovo accordo di confine, Cospaia fu inglobata nello stato Pontificio, e, sottomessasi a patto di poter continuare a coltivare tabacco, finì con una stretta di mano, quasi come era nata.
Cospaia, il paesino, è ancora lì in Umbria, diventato una frazione del comune di San Giustino ma oggi, a differenza di altri luoghi, non c’è più nulla da vedere della vecchia repubblica.