Francesco Guicciardini (1483 – 1540) descrisse perfettamente la realtà italiana del suo tempo. (Lo fece nelle “Historiae fiorentinae” e nei “Ricordi”.Ma valeva ancora, quel racconto, tre secoli dopo quando ne parlava Francesco Saverio De Sanctis (1818 – 1883) scrittore, critico letterario, politico, Ministro della Pubblica Istruzione e filosofo, durante le sue lezioni all’Università di Napoli.Purtroppo per noi, vale ancora oggi a 500 anni dalla scomparsa del Guicciardini.
“Mancava la forza morale; supplì l’intrigo, l’astuzia, la simulazione, la doppiezza. Ciascuno pensava al proprio particulare sì che nella tempesta comune naufragarono tutti.La consuetudine nostra non comportava che s’implicassi nella lotta tra i principi, ma attendesse a schierarsi, ricompagnandosi chi vinceva secondo le occasioni e le necessità. Noi abbiamo bisogno di intrattenerci con ognuno dè potenti e mai fare offesa ad alcun principe grande”.
E il De Sanctis così conclude questa lunga citazione guicciardiniana:
“Non c’è spettacolo più miserevole di tanta impotenza e fiacchezza in tanta saviezza.La razza italiana non è ancora sanata da questo marchio che ne impedisce la storia. L’uomo del Guicciardini lo incontri ancora ad ogni passo; ci impedisce la via se non avremo la forza di ucciderlo nella nostra coscienza.
E’ passato un secolo e mezzo dalle parole dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione e l’uomo del Guicciardini non solo non lo abbiamo ucciso ma rispetto ad allora è ancora più forte, si è organizzato e si è diffuso tra la popolazione di questo paese come non mai.Quello che è peggio, l’uomo che non accetta la visione del Guicciardini e ad essa si ribella, l’uomo che è sempre stato minoranza ma che è colui che potrebbe essere la parte migliore del paese e che vorrebbe lottare, vive una disillusione diffusa, convinto sempre più di non poter contare nulla per quanto riguarda le decisioni sulla vita pubblica.