Ho casualmente ritrovato questo ritaglio che uscì sul messaggero circa una quindicina di anni fa, a firma di Carlo Vanzina, che misi da parte trovandolo estremamente interessante.
Lo pubblico oggi per i miei amici tanto per far capire, giunto ormai a 63 anni passati, quali siano i miei rimpianti. E’ una Roma e un’ Italia nella quale non mi riconosco più.
Vorrei vivere in un paese civile, solo questo chiedo ma vedo che è troppo ciò a cui ambisco.
Ieri sera Rai 3 ha trasmesso un classico della commedia italiana degli Anni 50. Si tratta di “Poveri ma belli” il celeberrimo film di Dino Risi, con Maurizio Arena, Renato Salvatori, Marisa Allasio e Lorella De Luca. Un film divertente, delizioso, a modo suo importante, che ci riporta indietro nel tempo, in un’Italia più simpatica, più sentimentale, più sincera e soprattutto meno volgare.
Rivedendo il film di Risi non si può, infatti, non fare un paragone tra i “poveri ma belli” degli anni 50 e i “poveri ma bruttissimi” dei nostri Anni 90 agli sgoccioli.
Sto parlando, e ne chiedo venia, degli oramai famosissimi “coatti” che riempiono oltremodo le pagine dei giornali, sia dal punto di vista folcloristico che sociologico. Le differenze tra queste due categorie di giovani sono enormi. E non potrebbe essere che così.
Il mondo avanza, sfasciando regole e ricordi. Ma io che sono figlio di un regista il quale, negli anni 50, firmò dei film come “Guardie e Ladri” o “Un americano a Roma” sono portato inevitabilmente a ricordare quell’epoca con una punta di sana nostalgia. Ma chi erano i “poveri ma belli” di Dino Risi? Erano ragazzi del popolo. Ragazzi semplici in cerca di un futuro. Un futuro, anche allora, assai incerto. Ragazzi soprattutto in cerca d’amore. Anche se nell’iconografia classica del bullo romano, l’amore si coniugava con la ricerca dell’affermazione della virilità maschile.
Questo era il sale dei litigi tra fidanzatini. Lui guarda l’altra, lei per ripicca guarda un altro. Una fitta trama di piccoli equivoci alla Marivaux, conditi col pecorino.
Era però un mondo pulito. I ragazzi si facevano stirare le camicie dalla mamma. Ci tenevano alla loro eleganza di quartiere. Erano mossi, fondamentalmente, da un senso innato di rispetto per le donne. Erano gelosi. Insomma, erano sentimentali. Ogni tanto ci scappava il cazzotto. Ma non la pistolettata. Ogni tanto si pronunciava la parolaccetta. Mai volgare. Mai pesante. E sdu questo mondo, forse un po’ ingenuo, aleggiava l’idea del lieto fine. Il sogno muoveva i personaggi dei film e della vita reale. Ed il sogno era quello di poter conquistare un posto migliore nella scala sociale affettiva. Oggi tutto ciò non esiste più. Inutile cercare le ragioni di questo cambiamento. Tutto è diverso. Anche noi che siamo nati in quegli anni e li ricordiamo con affetto.
I giovani di estrazione popolare sono stati confinati in una sorta di riserva, dove vivono a mò di tribù. La tribù coatta, appunto. Una tribù che vive di riti quasi primitivi, dal taglio dei capelli al linguaggio ridotto a pochi grugniti, ai tatuaggi, agli orecchini infilati sotto la lingua e tra le palpebre , per non parlare di altri organi più intimi. La tribù coatta si nutre di volgarità e la spiattella in giro, tramutandola in valore. Un valore contro. E questi ragazzi che vorrebbero amare, non provano ad amare. Questi ragazzi che vorrebbero vivere meglio, non cercano vie di fuga dai recinti della riserva. Si bombardano di pasticche, inondano il fegato di birra e restano lì, a sfottere il mondo degli altri, noi, col loro umorismo trash.
E’ curioso ricordare che Maurizio Arena ebbe una relazione sentimentale con una ragazza di casa Savoia. Una principessa. Renato Salvatori sposò Annie Girardot, elegante e raffinata rappresentante dell’intellighentia francese. Marisa Allasio sposò un conte, chic e nobilissimo. E Lorella De Luca fu la compagna del raffinato Duccio Tessari. Erano davvero altri tempi.
Il principe fustorischiò di diventare parente dell’ex Re d’Italia. Oggi, difficilmente Er Cipolla potrebbe tentare l’aggancio di Carolina di Monaco. Tra coatti e principessesi è rotto il canale di comunicazione. Maurizio Arena poteva andare a cena con Arbasino. Mentre oggi non vedo Umberto Eco in trattoria con Er Piotta.
E’ andata così. Le “Vacanze romane” sono un ricordo e nulla più, come il palco della Scala del Quartetto Cetra. Negli anni 50 si faceva il bagno al fiume. Oggi sulle sponde del Tevere ci si buca. Si, c’è ancora la Vespa. Quella che serviva ai “poveri ma belli” per portare la fidanzata a ballare. Oggi, al coatto, serve a fare gli scippi.