Simonetta Cattaneo nacque a Genova nel 1453. Il matrimonio con Marco Vespucci le venne combinato quasi certamente da Iacopo III Appiani, imparentato con la madre il quale le dette in dote una miniera di ferro all’isola d’Elba.
Quando si sposarono, nel 1469, Marco e Simonetta avevano entrambi sedici anni.
Simonetta era la donna più bella di Firenze e viene dipinta secondo i canoni estetici di una bellezza assai in voga a Firenze, per cui l’armonia del corpo, gli occhi chiari e i capelli biondi associati ad una grazia di spirito ed educazione erano fondamentali per far sì che Cupido scoccasse il suo dardo.
Non era soltanto bella, Simonetta, a quel che scrivono Angelo Poliziano e Luigi Pulci; il suo intelletto non era da meno, tanto da ispirare suadenti liriche e suggestivi sonetti.
Simonetta dai biondi capelli e dal collo flessuoso come un giglio, dal viso fine e aggraziato, ridente e pensoso.
L’incontro tra Giuliano e Simonetta è documentato dal Poliziano, che ci racconta del torneo del gennaio 1475 in cui Giuliano, ovviamente vincitore, dedica la vittoria a Simonetta.
L’occasione della giostra di piazza Santa Croce fu uno degli eventi più importanti per la visibilità pubblica di Giuliano che venne definitivamente consacrato al fianco del fratello come una delle personalità più influenti di Firenze. Per l’occasione egli aveva cavalcato un destriero appositamente giunto dalla corte di Napoli e cavallo e cavaliere erano bardati “d’adornamenti e di gioie il valsente più di 60.000 fiorini”. Lo stendardo che lo precedette nella competizione, dipinto forse dal Botticelli, rappresentava una donna armata di lancia con in mano uno scudo con impresso il volto della Medusa ed in testa un elmo, la quale poggiava i piedi su un ramo d’ulivo ardente. Il motto sottostante era scritto in francese: “La sans par” (soprannome con cui era nota la Vespucci). Accanto alla donna si trovava Cupido con l’arco spezzato e incatenato ad un tronco d’ulivo, mentre la figura femminile era in armi come allusione alla castità dell’amata che rifiuta di concedersi all’amore. I rami d’ulivo erano un probabile riferimento all’impresa personale di Giuliano.
Ma tra Giuliano e Simonetta, fu soltanto amore platonico oppure no?
Probabilmente si trattò di un amor cortese, forse non ebbero il tempo necessario a far sbocciare quel fiore profumato: l’anno successivo, il 26 aprile 1476, Simonetta morì di tisi, il mal sottile come veniva definito all’epoca. L’intera Firenze la pianse. Durante il corteo funebre, la bara della giovane, vestita di bianco come una sposa, venne tenuta aperta, così che tutto il popolo potesse ammirare per l’ultima volta la dolce bellezza di Simonetta. Venne sepolta nella cappella Vespucci nella chiesa di Ognissanti.
La sua morte ispirò a Lorenzo quattro sonetti: anche il Magnifico era stato in qualche modo preso dal fascino di Simonetta. Negli ultimi giorni della malattia aveva inviato il proprio medico in casa Vespucci e, mentre si trovava a Pisa, veniva informato del suo stato di salute da lettere del suocero di lei e dal suo agente Sforza Bettini, che gli scrisse annunciandogliene la morte.
I grandi pittori del tempo a più riprese immortalarono le sue meravigliose fattezze. Il primo fu Domenico Ghirlandaio, che la ritrasse assieme alla famiglia Vespucci nell’affresco della Madonna della Misericordia eseguito nel 1472 per la loro cappella nella Chiesa di Ognissanti. Un altro suo ritratto, in cui compare di profilo, fu poi fatto da Piero di Cosimo verso il 1480, quindi dopo la sua morte, e ora si conserva al Museo Condé a Chantilly. Ma fu soprattutto l’opera di Sandro Botticelli a rendere imperitura la bellezza di Simonetta Cattaneo.
A Firenze il Botticelli aveva bottega in una casa adiacente al palazzo Vespucci, dove aveva lavorato per qualche tempo, e di conseguenza gli capitava di vederla spesso; le sue belle fattezze rimasero talmente impresse nella sua mente che la ritrasse in diverse opere dopo che era morta.
Tra il 1480 e il 1485, quando appunto la Vespucci era scomparsa, il pittore fiorentino realizzò infatti le grandi opere mitologiche: Marte e Venere, la Primavera, la Nascita di Venere e Pallade con centauro, in cui si riconosce il volto di Simonetta. La si vede inoltre anche in diverse madonne: la Madonna del Magnificat, l’Adorazione del Bambino, la Madonna della Melograna e la Pala di San Barnaba. E ancora nel Banchetto di nozze del 1483 e con ogni probabilità nello splendido ritratto di donna del 1483-1484, che si ritiene comunemente ispirato dalle sue fattezze, e in quello del 1475-1480.
I suoi tratti erano rimasti indelebili nella memoria e nel cuore del Botticelli e, sicuramente, il ricordo di Simonetta Cattaneo per Sandro non fu soltanto una memoria artistica, perché dovette amarla con passione.
Lasciò infatti scritto che, dopo la sua morte, voleva essere sepolto ai suoi piedi; fu accontentato e la sua tomba, ancora oggi, si trova nel pavimento della chiesa di Ognissanti.